| Anthera
Più potenti e astute delle medie. Più piccole e veloci delle grandi. Più forti e più abili delle piccole. Queste erano le qualità che distinguevano le Ombre forti dalle altre. Guerrieri scelti, le unità migliori di un esercito, e le più letali. Ma quella non era un’Ombra come le altre, glie lo si poteva leggere negli occhi. Non si intravedeva solo la voglia di morte, il divertimento che provano le Ombre a giocare con la vita. No, c’era, in quegli occhi rossi, il gusto della sfida, di combattere contro l’avversario e vincere ad ogni costo. E poi, di vederlo al suolo esangue, a chiedere pietà, e infliggergli il colpo di grazia per godere del sapore dolce della vittoria. Una vittoria crudele e spietata, assetata di distruzione. Anche l’armatura era particolare: l’elmo era asimmetrico, con una lunga protuberanza metallica blu sul lato sinistro. Così ache lo spallaccio sinistro, era più grande del destro ed aveva quella lama che usciva sulla sommità. La cosa che fece rabbrividire la mezzodrago fu però la spada. Più corta della sua, e a occhio anche più leggera, l’elsa rossa e argento metallico, con una lama stretta dello stesso colore blu delle protuberanze, irregolare anch’essa. La base della lama era allargata, e ci si poteva chiaramente leggiere ciò che c’era scritto, in piccole rune e numeri. Draghi 7 Cavalieri 7 Sette draghi e sette cavalieri degli stessi. Le vittime più forti che l’Ombra avesse mai sconfitto. Le annotava sulla lama per ricordare a tutti chi era e cos’aveva fatto. Fu in quel momento che Anthera ricordò. Aveva sentito parlare di lui. Si raccontava che fosse stata un’Ombra evocata dallo spirito di un antico guerriero, e per questo era particolare. La chiamavano Sthammer Blu, e Sthammer sta per Distruttore in un vecchio dialetto elfico. La sua battaglia migliore, o peggiore, era stata quando aveva ucciso gli ultimi tre cavalieri, cogliendone due di sorpresa e uccidendone un altro in meno di sei minuti. Tutti e tre avevano superato l’esame per diventare esperti spadaccini nel corpo dei Cavalieri di Thil con il massimo degli elogi. Uccise da solo anche due draghi, e fu aiutato a sconfiggere l’ultimo da un drappello di Ombre piccole. Nessuna spada era in grado di competere con la sua. Ma importava davvero? Risparmiare la propria vita per sacrificarne altre centinaia? Lei non aveva mai combattuto direttamente per il bene delle persone, ma gli sembrava estremamente giusto. Se fosse morta, Sthammer sarebbe morto con lei. Provò ad utilizzare la tecnica precedente. Mentre lui rimase fermo, lei gli andò contro a tutta velocità, poi scartò di lato e saltò cercando di superare l’Ombra. Quella rimase impassibile, e quasi impercettibilmente mosse la spada e procurò un lungo taglio di striscio sul ventre di Anthera. Così non va, devo affrontarlo corpo a corpo. Prese tra le due mani il manico di vendetta e cominciò a menare potenti fendenti da tutti gli angoli. Sthammer, invece, con la sua spada da una sola mano, sembrava non impegnarsi più di tanto. Mentre la mezzodrago impegnava i muscoli delle braccia, delle spalle e qualche volta del busto, l’Ombra giocava di polso e di gomito, angolando la lama come voleva. Anthera fece un ampio balzo indietro per riprendere fiato, e fu in quel momento che Sthammer attaccò. Lei riuscì a parare solo il primo colpo, poi cominciò a muovere la spada quasi irregolarmente, mentre Sthammer continuava a ferirla di striscio. Non è la stanchezza, è la paura. Paura di morire, sì, è questo il mio nutrimento. Una voce le si era insinuata nella mente, e le parlava. Forse… Forse era proprio lui, Sthammer. Gli umani sono tanti, così come i draghi, non c’è gusto ad ucciderne. Ma una rarità come te non si trova tutti i giorni. Debellare una razza è sempre stato un mio sogno. Gli sembrava che l’Ombra e la spada azzurra fossero una cosa sola, e che la lama stesse assaporando il gusto dolce del suo sangue. Chissà se qualcuno si ricorderà di te. Anthera pensò ad Ashamyru, a Briget e al suo bambino, alla ragazza che li aveva accompagnati fino alla locanda, a Riesti, e a Redart. Era per loro che combatteva. Redart le aveva salvato la vita, Briget stava lavorando per salvarla a molte altre persone, e Ashamyru l’aveva aiutata. Loro credevano in lei, non poteva tradire la loro fiducia. Allora capì, Sthammer non faceva altro che giocare con la sua mente, indurla ad arrendersi prima psicologicamente e poi fisicamente. Attaccò con più forza. Tutta quella che gli rimaneva, traendone in parte dall’ira e cogliendo l’Ombra di sorpresa. «Tu non riuscirai ad uccidermi! Non ucciderai più nessuno! Io combatto per il bene di un mondo, per chi crede in me, tu invece per cosa?» Già, per cosa? Il solo fatto di uccidere non risolveva nulla, non accresceva la fama. Erano solamente individui in meno. Un’Ombra non è fatta per ragionare. Sthemmar stava incontrando una profonda crisi. Un intrico di pensieri mai pensati, e altri ossessivi fino alla nausea. Anthera approfittò del disorientamento dell’avversario per disarmarlo. La spada blu saltò via e atterrò lontano conficcandosi nel terreno. La mezzodrago strinse le mani sull’elsa e si preparò ad un potente fendente, ma quando la lama scattò, l’Ombra la bloccò con la mano. Anthera lo guardò incredula, mentre dello strano liquido nero scorreva sulla lama. Sthemmar strinse la presa e scagliò lontano Vendetta. Anthera sfoderò il pugnale e si avventò sull’Ombra. Cercò di colpirla, ma senza successo. A un certo punto riuscì ad affondare la lama nell’elmo, e gioì interiormente. Fu quello l’errore. Lui le afferrò il braccio, stringendo quasi fino ad incrinare le ossa, e divelse il pugnale dalla fronte. Era rimasto solo un profondo taglio rosso e luminoso. Con la mano libera afferrò la mezzodrago per la schiena, portandola ad un nulla da sé. La guardò intensamente con i suoi occhi rossi. Anthera sentì un’insopportabile fitta all’addome, qualcosa di incandescente e al tempo stesso gelido. Il bruciore della sconfitta, della rabbia, il freddo della paura, del ferro. Sthemmar affondò di più la lama. La estrasse con un gesto rapido e dolorosissimo, e la mezzodrago urlò e si accasciò a terra. Lui continuava a fissarla, e il pugnale era caduto. Lei si teneva una mano sulla ferita, il dolore le prosciugava le energie. Sentì le guance calde di lacrime. Io non voglio morire. Aiuto... Ashamyru… Briget… Aiuto… Ormai perdeva coscienza del mondo, stava andando incontro a una sorta di pace, eppur così terribile. Scorse in lontananza la figura appannata di un drago bianco. Chissà… Forse è venuto a prendermi… Aveva sempre desiderato di morire con accanto un drago. Mi spiace, compagni.
P.S. Potete non uccidere Sthemmar? Diverrà l'avversario prediletto di Anthera, che cercherà di surclassarlo ogni volta che lo incontrerà
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