Gigan |
|
| Dàgun
“Oh, per tutti i diamanti! Non so cavarmela con te, Luna!” disse ad alta voce, tra il divertito e l’arrabbiato. Quando l’oste, sorpreso, con uno sguardo stralunato aveva dato loro le indicazioni per le stanze si incamminò verso la sua camera, quando qualcosa attirò la sua attenzione. C’erano tre energumeni seduti ad un tavolo, uno di loro portava una corta spada alla cintola, gli altri due avevano un elmo che pendeva dalla sedia. Davano l’impressione di essere soldati di Falan, mentre quello senza elmo era probabilmente un mercenario o roba simile e aveva preso la parola. “… E sembrerebbe che ciò abbia attirato un sacco di Ombre in quella zona. I villaggetti nei dintorni si sono già mobilitati, alcuni hanno fatto pure evacuare la popolazione.” “Non capisco” disse un soldato “Quella è ormai una zona insicura. Chi è quel pazzo che illuminerebbe mezzo miglio di foresta in piena notte? Probabilmente era un mago.” “Ed è per questo che mi ritiro dal servizio!” Gridò l’altro, agitando il boccale di birra in aria e poi facendolo cadere sul tavolo. Non era ubriaco, ma solo molto impaurito e frustrato. “Ne ho fin sopra i capelli di queste Ombre! Io me ne torno a casa, ecco!” “Tanto non sarai al sicuro per molto” continuò il mercenario “Sembri come quei tizi di quel villaggetto… come si chiamava… Juves! E non solo loro. Quella è gente semplice, è convinta che basti una palizzata di legna secca a fermare un esercito di quei grumi neri” e sputò a terra. L’oste non gradì il gesto. “Saranno problemi di quel tizio che ha acceso la luce, ecco!” Dàgun non volle sentire di più. Era stanco morto e si sarebbe dovuto svegliare presto. Salutò Luna ed entrò nella stanza. “Buonanotte, Luna! Mi raccomando, un’ora dopo l’alba. E vedi di essere lucida come uno specchio di ametista! E buonanotte anche ad Astrella”
|
| |