| Kanon
Kanon raggiunse finalmente la città di Limnì. Attraversò l'ingresso e si trovò davanti un grande via piena di persone, ognuna intenta a svolgere i propri affari. Si accorse subito delle occhiate che la gente gli lanciava e non potè dare loro torto. Un ragazzino di 14 anni, solo, vestito di stracci e avvolto in un logorissimo mantello nero, il volto coperto dal cappuccio, una sciarpa di lana bianca lindissima e impeccabile. Mentre si guardava in torno il suo sguardo cadde su di un bambino che lo fissava mentre la madre lo tirava in una via laterale. Il bimbo lo salutò con la mano e lui ricambiò. La giovane madre gli sorrise e Kanon, arrossendo, distolse lo sguardo. "Smettila di agitarti ogni volta che vedi una donna Kanon. Ti manca la mammina povero piccolo.. Sei patetico!". "Dacci un taglio Konan". Kanon avvertì il fratello ridacchiare. Detestava Konan, lo prendeva sempre in giro. Che c'era di male se gli mancavano i suoi genitori? In fondo era un bambino a cui era stata uccisa la famiglia quando aveva appena 7 anni. Ma Konan era talmente pieno di sè da non capire, lui non sentiva il bisogno di nessuno. "La tua infinita autostima è la tua più grande debolezza Konan". "Non dire sciocchezze! La mia più grande debolezza sei tu Kanon!". Furioso smise di ascoltare le risate del fratello. "In questo posto la gente è ricca! Faremo una vera fortuna fratellino". "Non mi piace derubare le persone..". "Vuoi morire di fame?". Detestava dover dar ragione a Konan, ma in quel caso non ebbe scelta. Anzi forse una scelta l'aveva. All'angolo tra due vie Kanon notò un vecchietto malconcio che spillava spiccioli agli ingenui passanti con il vecchio trucco del cecio sotto i tre bicchieri.Kanon si frugò nelle tasche e, trovata una moneta, si avvicinò al vecchio. "Posso provare anche io signore?" chiese sorridendogli ingenuamente "Se vinco mi da tutte le sue monete". L'uomo scoppiò a ridere e accettò. Gli mostrò il cecio, lo nascose e spostò i tre bicchieri chiedendogli dove fosse finito. "Il cecio è nascosto nei suoi vestiti. Nel tavolo che usa come appoggio c'è una piccola scanalatura. Quando muove i bicchieri, quello con il cecio ci passa sopra e il piccolo cecio scivola giù. E' così che truffa i passanti, con un gioco in cui perdono sempre". Allungò una mano e afferò il cecio nascosto nelle vesti dell'uomo; glielo mostrò con un sorriso. Il vecchiò lo fissò sbigottito poi scattò verso di lui, ma Kanon, anzi Konan, fu più veloce. Un secondo prima che l'uomo scattasse aveva preso il possesso del loro corpo, afferrato l'arco, incoccato una freccia e ora gliela puntava contro sorridendo maligno. "Non ti conviene fare il furbo con me nonnetto" esclamò beffardo. Il vecchio emise un verso strozzato, lanciò ai suoi piedi le monete e sparì raccattando le sue cose. Kanon, tornato in sè, si lasciò scappare la freccia e l'arco di mano che poi raccolse e rimise in spalla. Non sapeva se l'uomo era rimasto più sconvolto dalla freccia puntata contro il suo naso o dal repentino cambiamento di voce, pettinatura, espressione e colore degli occhi del ragazzino che aveva di fronte. "Ottimo! Adesso si mangia!!" esclamò mentre si avviava tra le vie della città. "Se vuoi trovare soldi senza rubare almeno cerca di farlo senza che debba intervenire io fratellino..."
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