| Vikhem
Si muoveva silenzioso, pressando appena la neve su cui camminava. Lo scricchiolio era paragonabile a quello di due esseri umani. Vikhem si teneva spesso lontano dal Paese di Forochel, c’erano poche risorse lì. Solo roccia, ghiaccio, qualche animaletto da cacciare. Però questa volta era diverso. Si sentiva seguito, avvertiva tensione nell’aria. Aveva paura, subito pensò a loro, le Ombre. L’incubo di sua madre tornò a tormentarlo. In trentotto anni non se ne era dimenticato, il ricordo non si era affievolito. Come aveva potuto… Un pensiero futile… E lei era morta… Si riscosse. Non aveva tempo per pensare al passato. Doveva scappare. Balzò in aria con uno scatto leggero e aprì le ali. Non aveva idea di come fossero fatte le Ombre, forse erano piccole come un umano, forse erano grandi il doppio di lui. Non aveva la minima voglia di saperlo. Mosse le ali e cominciò ad alzarsi, volando verso le montagne di Netra. Cominciava a odiare quel suo stile di vita, una continua fuga dalla realtà. A volte desiderava della compagnia, ma un’altra parte di sé rifiutava categoricamente una vita normale. Era come se volesse pentirsi eternamente di quello che aveva fatto. A volte, però, si rendeva conto della sua esagerazione, ma qualcosa sempre lo frenava a tirarsi avanti. Chissà com’era la vita vera, amici, non avrebbe più dovuto scappare… Ancora a fare questi pensieri stupidi! Dovrei pensare a fuggire, piuttosto. Mi sono alle calcagna. Un’altra volta si era ritrovato a fantasticare. Quel frammento della sua anima ancora voglioso di libertà aveva fallito di nuovo. Mentre volava verso est, qualcosa si mosse tra la neve. Una figura nera, che stonava nel candore del paesaggio. Vikhem aveva pensato bene.
Dopo due giorni di viaggio ininterrotto giunse nel Paese delle montagne. Sentiva quella sensazione da una dozzina di giorni, da quando aveva lasciato Lach. Non voleva voltarsi e indagare, provava un profondo terrore verso le Ombre, secondo lui non erano altro che esseri senza cuore, senza pietà, uccidevano per il puro piacere di farlo. Ora aveva un motivo in più per fuggire da tutto quello che lo circondava. Ma non ce l’avrebbe mai fatta. Trovò una grotta e si sistemò lì per riposare. Si accovacciò e iniziò a riflettere, dalla sua partenza dalla terra dei vulcani fin lì. Il suo continuo vagabondare l’aveva trasportato fino in quel luogo saturo di vapori e montagne fumanti. Aveva trovato uno spazio aperto ancora non contaminato dallo zolfo che impregnava l’aria, ma doveva andarsene di lì. Era una delle sole due Terre nelle quali metteva piede di rado, perché considerava difficile sopravviverci. Infatti, da quanto era entrato nei confini di Lach, non aveva visto un essere vivente, solo qualche pianta all’inizio del tragitto. Ma c’era di peggio. Lumbar. L’unico Paese in cui Vikhem non fosse mai stato. Ogni volta che si avvicinava a quella Terra sentiva un forte senso di pericolo, che gli dice che deve allontanarsi di lì. Una sorta di sesto senso che ha imparato a far evolvere nei suoi anni di solitudine. È questo che lo ha guidato quando perdeva l’orientamento. Sta per spiccare il volo, quando lo sente di nuovo. Sente delle presenze, sente la stessa sensazione di quando si avvicina pericolosamente a Lumbar. Stavolta, però, è diverso. La paura non è dilatata su tutto il terreno, è concentrata in delle figure. Qualcuno lo stava seguendo, e quel qualcuno, o qualcosa, non aveva buone intenzioni. Fu quando entrò nel Paese di Thil che prese una decisione. Voleva recarsi nel Forochel per decifrare meglio lo stato d’allerta che lo seguiva da qualche giorno. Quando doveva meditare si recava sempre nel Paese dei ghiacci, lì tutto era silenzioso, sembrava che oltre all’acqua anche il tempo si fosse congelato. E allora aveva iniziato il suo viaggio fin lì. Forse, però, Forochel non era il posto migliore dove rimanere per tanto tempo. Ed ora era lì, in una grotta di cissà quale dei monti di Netra, affamato e al freddo. Se solo avesse saputo sputare fuoco… Non aveva mai curato quella sua abilità, tanto che ora aveva dei dubbi sul fatto che i draghi di Golas potessero farlo. Cercò il sonno per parecchi minuti, ma la sensazione era fissa, sempre uguale, ossessiva, non lo lasciava dormire. Cercò di tranquillizzarsi. Tranquillizzati, Vikhem, tranquillizzati. Sono solo su queste montagne, nessun altro essere potrebbe mai arrivare fin qui, nemmeno… Il pensiero fu tranciato di netto quando vide con la coda dell’occhio una figura nera muoversi velocemente. Si alzò di scatto, tese l’udito. Passi leggeri. Evidentemente c’era qualcuno nella grotta, e non voleva essere sentito. Vikhem ebbe paura. Una paura diversa da sempre. Un misto di paure. Paura delle Ombre, paura che forse qualcuno era lì per ucciderlo, paura di rientrare nel mondo normale. Si alzò di scatto. Provò ad annusare l’aria. Sentiva un odore strano, indescrivibile. Un odore acre, quasi pungente, leggermente acidulo e nauseabondo, che gli ricordava qualcosa. Ebbe un tuffo al cuore. Le Ombre erano lì, era lo stesso odore che aveva sentito la notte di trentotto anni prima. Lui le temeva perché non le conosceva, erano ignote per lui e gli avevano distrutto la vita. Annusò di nuovo. Un altro odore si era fatto strada tra quel puzzo di malvagità. Odore di simili, di altri draghi. Osservò l’entrata della grotta. Un drago bianco stava planando veloce verso la caverna. Un misto di emozioni lo travolse come una frana: felice, perché aveva trovato un altro drago, qualcuno con cui iniziare una nuova vita, ma era anche spaventato, perché credeva di avere dimenticato tutto, come si vive, come si pensa, e aveva paura del contatto con estranei. Pensò che in quel momento la cosa giusta da fare fosse solamente salvarsi la vita. Si mise in posizione da combattimento, mentre inquietanti figure nere sbucavano da dietro le rocce e la sagoma bianca si avvicinava sempre più.
Edited by Gigan - 4/3/2010, 18:11
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